Da
grande voglio fare la veterinaria o la gelataia, infatti mi piacciono
sia gli animali che i gelati.
Io,
che ho cinque anni, non so ancora decidere tra i due mestieri, invece
la mia gatta, che ha già otto mesi, ha le idee chiare sul suo
futuro: vuole fare la tigre del Bengala.
Lo so
perché è arancione, si arrampica sulle tende e morde ogni cosa, dal
divano alle scarpe, dai fumetti alle biro, dai tovaglioli alle foglie
delle piante. E soprattutto è una regina di agguati: entri in una
stanza che ti pare vuota e silenziosa, poi di colpo qualcuno ti si
avvinghia alla caviglia e ti pianta i denti nel polpaccio. Se ci
fosse il premio per la belva più feroce del mondo lo vincerebbe
Tuffola!
Già,
il suo nome... L'ho chiamata così perché quando l'ho trovata
sembrava un batuffolo di pelo. Glielo dovrò cambiare. Ve la
immaginate una tigre spaventosa che si presenta alle vittime dei suoi
artigli dicendo “Grrrrr! Ora ti sbrano, com'è vero che mi chiamo
Tuffola!”. Nononono! Devo trovarle un nome più adatto. Magari
Belva, o Feroce, oppure ancora Zanna.
In realtà, mio fratello
Giuliano, che fa già la prima media e legge tantissimo, l'ha
soprannominata Sandogat, ma non vuole spiegarmi il perché, dice che
lo capirò quando imparerò a leggere.
Da
oggi, comunque, la chiamerò Zanna.
Siccome
non basta cambiarle il nome per renderla una tigre vera, ho chiesto a
Giuliano di cercare “Tigre del Bengala” su Internet. Ho guardato
le foto che sono apparse e ho capito che devo crearle un ambiente
pieno di alberi, erba e acqua. E farle delle righe nere sulla
pelliccia.
Mentre
mamma e papà uscivano per fare la spesa sono corsa con loro in
garage e mi son fatta dare la paletta e il secchiello che porto in
spiaggia.
Sono
andata nel giardino davanti a casa ed ho cominciato i lavori. Ho
trascinato fuori alcuni vasi di piante, quelle con più foglie, per
fare i cespugli. Ho raccolto anche alcune primule, i fiori preferiti
da papà, e le ho sparse sul prato, per dare un po' di colore.
Ho
spruzzato tutt'intorno l'intera boccetta di dopobarba, sperando che
desse un odore più selvatico all'ambiente. Non era un granché
pungente, ma io mi so accontentare di poco.
In
giardino c'è un piccolo pino, ma non basta un albero solo per fare
una foresta, così mi sono fatta aiutare da Giuliano a portar fuori
le piante più grandi, come il Mioficus (mamma lo chiama così),
quella della felicità, che mi pare pure un bell'augurio per il
futuro di Tuffola, pardon, Zanna, e altre due o tre con un tronco
abbastanza alto. Insomma, non è proprio come quella delle foto al
computer, ma la jungla mi è uscita bene.
Purtroppo
il baccano che produce il cantiere in fondo alla via non assomiglia
affatto ai suoni naturali di animali e uccelli.
Mentre stavo pensando a come rimediare a questo inconveniente acustico,
ho deciso di scavare un lungo fossato nella terra per farci un fiume,
ma la paletta di plastica si è rotta subito. Ho adoperato allora la
zappetta di mamma ed è stato facilissimo, anche se mi sono uscite
delle bollicine sulle mani. Il solco è venuto profondo e sinuoso, un
vero fiume tropicale.
Ho
provato a riempirlo d'acqua usando il secchiello, ma nel tragitto dal
bagno al giardino quella appena versata si asciugava subito. Allora
ho preso il tubo per annaffiare e l'ho messo ad un lato dello scavo.
Che bel fiume, quando ho aperto il rubinetto al massimo! Il suo
scroscio, poi, copriva un po' i suoni del cantiere e rendeva tutto
più vero. Due problemi risolti in una mossa!
Certa
che in un simile scenario la mia gatta sarebbe diventata una tigre
perfetta, sono corsa in casa.
Zanna
dormiva beata sul divano.
Con un
pennarello nero a punta grossa ho cominciato a tracciarle delle righe
sulla pelliccia, ma si è svegliata subito e mi ha graffiata, facendo
cadere il pennarello, di punta, sul cuscino ricamato dalla nonna.
Quella macchia di inchiostro sulle roselline gialle non ci voleva
proprio!
Appena
sono riuscita ad afferrare Zanna per la collottola, l'ho tuffata nel
fiume per inaugurare alla grande la sua nuova vita. Si è trasformata
in tigre all'istante: è balzata fuori dall'acqua soffiando, e si è
messa a saltare ovunque, strappando foglie e rami. Era euforica, uno
spettacolo di felicità!
Si è
infine rintanata dietro due vasi, sotto la siepe, col fiato corto. Si
leccava il pelo spargendo il nero da tutte le parti. Avrei dovuto
usare un pennarello indelebile.
In
quella sono tornati i miei genitori, passando proprio dal cancelletto
del cortile.
Papà
ha spalancato la bocca e fatto cadere le borse della spesa, mamma si
è appoggiata alla ringhiera ed ha ripetuto all'infinito “il
Mioficus il Mioficus il Mioficus...”.
Sono
contenta che abbiano apprezzato il mio lavoro.
Ora
devo insegnare a Zanna come si ruggisce.