21 maggio 2012

La principessa e il drago


Dice la principessa: « Sono stufa di aspettare. E poi, un principe, proprio non lo voglio! »
Risponde il drago: « Non me ne parlare! Giorno e notte a farti la guardia, solo, su questo scoglio! »
« Perché non ce la filiamo? »
« Io e te? Come facciamo? »
« Tu voli e io ti cavalco. »
« Ma... Dimmi, quanto pesi? »
« Meno di una mucca e più di un falco. »
« Salta su, allora! Motori accesi! »
E vissero felici e contenti in compagnia di nuvole, aquile e stelle cadenti.

In: Scuola Holden, "100 storie per quando è troppo tardi"
collana Save the  parents, ed. Feltrinelli, marzo 2012.

14 maggio 2012

Senza attendere una risposta




Si incrociano all'entrata del parco, lei per mano alla mamma, che trascina con passo lesto verso l'area dei giochi, lui seduto sulla panca del vialetto alberato.
L'uomo ha passato le sessanta primavere, la bambina sta vivendo la sua quinta estate.
Attorno a loro luce, ombra fresca, eco di voci lontane, profumo d'erba tagliata da poco e canti d'uccelli.
La ghiaia scricchiola sotto i piedi frementi della bimba, sovrastando il fruscio del foglio che lui, a testa china, stropiccia fra le mani.
Mamma e figlia spariscono in silenzio oltre la siepe e l'uomo rimane a fissare i ciottoli con le braccia abbandonate sulle cosce.
Lo ridestano dal torpore due sandali in movimento. Quando solleva il capo vede la bambina passargli davanti, diretta verso la fontanella. Corre, ma appena supera la sua panchina, inciampa in una radice sporgente e cade in avanti. È a pochi centimetri da lui, sulla destra, e trattiene visibilmente le lacrime osservando il graffio sulla gamba e il sangue che esce lento.
L'uomo stringe il foglio nella mano sinistra e stende il palmo aperto della destra verso la bambina.
« Ti sei fatta male? »
« No. »
« Ah. »
Con una smorfia di dolore e tristezza la bambina cambia risposta:
« Sì... »
« Vado a chiamare la tua mamma. »
« No, se no mi sgrida. »
« Perché ti sei fatta male? »
La bimba si volta verso la siepe, poi china il capo e parla sottovoce.
« Perché correvo. »
« Ma io non glielo dico. »
« No! »
« Come vuoi. Ti sei sbucciata... »
« Non sono una mela! »
Sorriso appena accennato di entrambi.
« Oh, scusa. Ti sei graffiata un ginocchio. »
« Sì. »
« Ecco, asciugati il sangue. »
La bimba cerca una posizione abbastanza comoda, prende con dita sabbiose il fazzoletto di carta che l'uomo le porge e si tampona la ferita. Poi asciuga naso e occhi con la maglietta, che si riga di marrone, e indica il viso del vecchio.
« Anche tu piangi, però. »
« Un moscerino... »
« Ah. »
« No, hai ragione tu. Piango. »
« Perché? »
« Sono vecchio. »
« I vecchi piangono? Come i bambini? »
« Più o meno. »
Si ode in lontananza una voce di donna. La bambina fa spallucce.
« Ti sei fatto male pure tu? »
« Più o meno. »
« Vuoi il fazzoletto per asciugare il sangue? »
« No, grazie, non serve. »
Di nuovo il richiamo, questa volta poco oltre la siepe. “Susanna!”, una mamma sta cercando la figlia.
« Mia nonna è vecchia ma non piange mai. »
« Come ti chiami? »
« Susanna. »
« Piacere. Io Giorgio. »
« Sì. Ciao! »
« Ciao! »
Susanna si rimette in piedi con agilità, ormai dimentica della ferita, corre fino al varco nella siepe, poi si immobilizza un istante, liscia la maglietta e supera le foglie camminando impettita.
Giorgio la osserva sparire, quindi respira profondamente e rilegge il foglio spiegazzato su cui sembra lampeggiare l'espressione “ricovero urgente”.
Si decide infine a ripiegare il documento, lo ripone nella tasca della giacca, distende le gambe e si abbandona contro lo schienale della panchina, perdendo lo sguardo tra i rami sopra di lui. Alcune rondini danzano nel vuoto mentre una falciatrice viene azionata poco lontano. L'odore di erba in breve tempo si fa più intenso.
Giunge l'ora in cui il parco si affolla di visitatori in cerca di fresco, di spazio, di giochi, di compagnia.
Giorgio si alza lentamente, sospira, passa pollice e indice sugli occhi umidi e si dirige al cancello.
« Ciao, Giorgio! ».
Sente cinguettare alle sue spalle. Si volta e vede Susanna accanto alla mamma, la quale borbotta un vano “lo conosci?”. La ferita è solo più una crosta rossa. La maglietta ora è anche chiazzata di verde.
« Ciao, Susanna. »
« A domani! »
Trilla lei superando la radice traditrice con un saltello, senza attendere una risposta.