11 novembre 2015

Porterò la mia Cina con me

(racconto basato su una storia vera)

« Quando tornerò, nonna? »
« Oh, piccola, te l'ho detto ieri... »
« Ma io voglio tornare presto! »
« Tornerai quando sarai un grillo che conosce il suo canto. »
« Allora non devo nemmeno partire. Ascolta: griii griii griii! »
« Lusha... »
« Non chiamarmi Lusha, io sono il tuo grillo! Griii griii. »
« Va bene, grillo, ora dormi. Domani ci sarà molto da fare. »
La nonna esce dalla camera in punta di piedi per non svegliare gli altri nipoti, che dormono già.
Lusha chiude gli occhi ma non riesce a stare ferma. Domani sarà l'ultimo giorno a Fujian, l'ultimo a casa dei nonni, l'ultimo in Cina. Domani tornerà in Italia con la sua famiglia, arrivata la settimana precedente a prenderla.
Lusha è nata a Napoli, come suo fratello maggiore. I suoi genitori, a quel tempo, lavoravano in una fabbrica di abbigliamento insieme a decine di connazionali. In Cina non c'è lavoro per tutti, così bisogna arrangiarsi altrove.
Qualche anno dopo la sua nascita, si sono trasferiti a Torino, ma poco dopo Lusha è stata mandata in Cina. Non aveva ancora sette anni. Sapeva che quasi tutti i bambini cinesi che vivono all'estero vengono mandati a trascorrere un lungo periodo in patria, per imparare bene la lingua e conoscere la cultura delle proprie origini. Così è stato per Jingjian, suo fratello, che oggi ha diciassette anni, e così sarà per la sorellina che ha appena conosciuto, Lu Xin, nata a Torino poco più di due anni prima.
Lusha ha vissuto senza i genitori per tre anni e ormai ci ha fatto l’abitudine. Dai nonni si sente a casa. Ma domani? Si gira e si rigira sotto la coperta e stringe i pugni.
La sera prima la mamma le ha detto che bisogna tornare presto presto a Torino perché papà deve curarsi, il dottore italiano lo vuole ricoverare con urgenza. E Jingjian deve cominciare la terza superiore. E lei deve riprendere il lavoro. E le sue figlie devono andare a scuola.
L'ombra della valigia accanto alla porta la agita. Se solo potesse metterci dentro tutta la campagna di Fujian, gli alberi delle foreste, ogni goccia del fiume Minjiang, il vitello alla piastra della nonna. E anche la nonna e il nonno.
La tosse di papà dalla stanza accanto interrompe i suoi pensieri notturni. Sta male davvero, sembra un drago con delle pietre in gola. Lusha scivola in corridoio e sente la mamma che piange e lui che la consola con un filo di voce.
La bambina torna in camera e affonda il volto nel cuscino.
Quando fuori dalla finestra scompare il buio e il cielo si fa grigio in attesa del sole, Lusha si alza, afferra lo zainetto da viaggio, si infila le scarpe ed esce di casa passando dalla finestra della camera. Attraversa il terrazzino e scende la piccola scala di pietra in punta di piedi, per non svegliare il cane della vicina.
Un passo dopo l'altro si allontana dalla casa dei nonni.
Arriva al fiume quando il cielo comincia a colorarsi di azzurro. Si siede sulla sua pietra preferita e lancia rametti controcorrente seguendone la traiettoria in volo e in acqua con lo sguardo.
Quando perde di vista l'ultimo bastoncino si sente pronta. Si volta e si avvia verso la periferia della città, verso la sua amata foresta.

Quel mattino, nonostante l'imminente partenza, a casa dei nonni si svegliano tutti senza fretta. Nessuno si accorge dell'assenza di Lusha fino a un paio d'ore prima di pranzo. La mamma pensava fosse andata dalla vicina a giocare col cane, il papà che fosse a spasso col fratello a cercare qualche souvenir per gli amici, Jingjian credeva che fosse con la nonna, uscita presto per andare al mercato.
«Vado a cercarla» dice il nonno.
Jingjian e i genitori passeggiano nervosi fra le stanze e la cucina. Mentre la mamma finisce di riempire le valigie il papà telefona alla maestra e ad alcune compagne di scuola. Nessuno ha visto Lusha, quel giorno.
Quando la tavola è già apparecchiata e le valigie sono ammucchiate nel corridoio, il nonno torna a casa. Dietro di lui sbuca Lusha reggendo lo zainetto. Ha le scarpe sporche di fango, è spettinata, ha un ginocchio e una mano graffiati.
Fioccano domande e rimproveri: « Lusha, insomma! » « Dove sei stata? » « Ci hai fatti preoccupare! »
« Era vicina alla scuola, stava venendo qui », borbotta il nonno.
« Non volevo scappare, se è questo che pensate. Dovevo solo fare una cosa prima di partire », sussurra lei con gli occhi bassi.
« L'importante è che sia tornata in tempo, non credete? », dice la nonna.
Lusha sorride e annusa l'aria: «Ho fame. C'è un profumino di vitello alla piastra! »
La nonna le fa l'occhiolino e con un gesto invita tutti a sedersi a tavola.

Il volo sembra non finire mai, dura molto di più del suo pianto d'addio.
Lusha è seduta accanto al finestrino e guarda il cielo. Di fianco a lei suo fratello legge una rivista e più in là la sorellina scarabocchia su un foglio con alcuni pennarelli.
«Jingjian, ricordami una parola facile in italiano», chiede Lusha.
« Ciao »
« Cos'è? »
« Significa ni hao. »
« Si assomigliano... »
Sorride. Forse non sarà poi così difficile riabituarsi.
« Lu Xin, tocca a te, insegnami la parola italiana che preferisci. »
« Caramelle! »
A Lusha scappa una risatina. Se la ricorda, quella parola. Sarà una delle prime che userà quando arriverà a Torino.
Sta per addormentarsi quando Jingjian le domanda sottovoce perché sia scappata di casa quella mattina.
« Ancora? Non sono scappata. Ho fatto una cosa », replica lei.
Lui non sembra convinto, allora Lusha aggiunge: « Te la mostro, se vuoi ». Estrae dallo zainetto da viaggio un quaderno sformato con i fogli pieni di piccoli reperti attaccati col nastro adesivo, tra cui ritagli di giornale, fiori e legnetti. « Ho raccolto i sassi del fiume, le foglie dell'albero degli scoiattoli, le bacche del nascondiglio segreto... ». Una foto ingiallita dei nonni occupa la prima pagina. «Porto a Torino la mia Cina, così la mostrerò a tutti i miei compagni di scuola».
Jingjian resta qualche secondo a bocca aperta, poi esclama: « È bellissimo! »
Ma Lusha non lo sente, si è finalmente addormentata, con la sua Cina fra le mani.


Lusha è nata a Napoli. Quando aveva circa sette anni è tornata in Cina dai nonni.
Oggi Lusha ha undici anni e vive a Torino con la mamma, il fratello maggiore e la sorellina.