Mio nonno, che in realtà
è il nonno di mamma (a me il termine bisnonno non piace, sembra un
biscotto molliccio), è vecchio vecchio, pieno di rughe, con la pelle
così aderente e sottile che credo lo abbiano usato come modello per
quei poster sui muri dei dottori, con il contorno dell'omino nudo e
lo scheletro o le vene o gli organi interni ben evidenti e colorati.
Di mio nonno si vedono solo le vene, per fortuna! Avranno usato altri
bisnonni per gli altri disegni.
In testa ha ancora un bel
cespuglio di erbetta fine fine e bianca bianca, che mi diverto a
scompigliare ogni volta che passo dietro la sua sedia a rotelle. Lui
mi sgrida per finta e poi ride.
Quando non dorme
racconta. Parla e un po' tossisce, allora gli porto una caramellina
di zucchero, di quelle piatte colorate. Lui mi fa l'occhiolino mentre
comincia a succhiarla e la tosse passa all'istante. Secondo me lo fa
apposta a tossire, è un golosaccio e basta. Ma non ha più denti,
quindi non ha il guaio delle carie e può permettersi il vizio.
Dicevo che racconta.
Racconta della guerra, perché ha 98 anni e si ricorda ancora di
quando era soldato nella seconda guerra mondiale. Racconta di quando
ha conosciuto mia nonna, pardon, bisnonna, che aveva tre anni, mentre
lui, amico di un fratello di lei, undici. Racconta di quando sono
nati i suoi nipoti, mamma in pole position. Ma se gli chiedo di
quando sono nata io, non riesce a dire nulla. Si vede che a un certo
punto le parole finiscono. Però sorride e mi accarezza col suo
profumo di zucchero.
Tosse. Caramellina.
«
Mi racconti una storia? », gli domando sempre alla fine dei ricordi.
Se ne rammenta una
soltanto, anche se mamma mi ha detto che quando era piccola gliene
raccontava tante. Però mi è andata bene perché è
proprio graziosa: Patin e Patee che andava a nosee.
La prima volta non ho
mica capito il titolo. Lui parla con accento veneto, e quindi non è
facile arrivarci, per chi conosce solo l'italiano. Comunque vuol dire
che questi due, Patin e Paté (lui, però, dice due “e” alla fine
del nome), andavano a raccogliere noci.
Insomma, la mamma chiede
loro di andare a raccogliere noci e i due fratelli prendono sacchi e
carretto e vanno nel bosco. Patin comincia subito: prende le noci e
le mette nel sacco, prende le noci e le mette nel sacco (il nonno lo
dice almeno dodici volte di fila), mentre Patee si guarda intorno, si
arrampica sugli alberi, si appisola, gioca con pigne e scoiattoli.
Ogni tanto raccoglie qualche noce. Più spesso se le mangia. Quando è
ora di rincasare Patin ha riempito cinque sacchi e Patee uno
soltanto. Tirano il carretto fino a casa e la mamma chiede: “Patin,
quanti sacchi hai riempito?”, “Cinque!”, “Bravo! Eccoti
cinque cioccolate” (dice così, il nonno. Non cioccolatini, proprio
cioccolate, e io immagino cinque tavolette Wonka). Poi: “Patee,
quanti sacchi hai riempito?”, “Uno...”, “E allora ecco una
cioccolata”.
Fine della storia.
Tosse. Caramellina.
Mio fratello Giuliano dice che è una
storia educativa: se lavori tanto guadagni tanto. Patin ha ascoltato
la mamma e ha conquistato cinque cioccolatini.
«
Cioccolate, dice nonno, non cioccolatini », preciso io.
«
E che importa? Sono sempre più di una », incalza lui.
«
Già, ma vuoi mettere? ».
«
...? », adoro lasciare mio fratello senza parole.
«
E poi, se le mangi tutte in una volta sai che nausea! Te lo ricordi
con la torta del compleanno? ».
«
Non capisci niente », sbotta mio fratello davanti alla
verità.
«
Lo scemo sei tu. Pensa a quanto si è divertito Patee, mentre l'altro
raccattava noci senza sosta! ».
«
Ma la storia vuole dire... », insiste Giuliano.
«
Un corno! La storia dice che Patin si è ammazzato di fatica e
passerà la notte col mal di pancia, mentre Patee si è divertito un
sacco e si gusta una tavoletta triplogusto Wonka... Gnam! ».
Bacio il nonno, che mi
guarda un po' confuso. Forse abbiamo parlato troppo in fretta e ha
perso il filo del discorso.
La mamma, dalla cucina,
ci chiama per la merenda. Ho giusto voglia di pane e...
Con i baffi di cioccolato
mi sono affacciata alla porta.
«
Mgnogno! », ho chiamato masticando.
«
Sì? » ha sussurrato sull'orlo del sonno..
«
Ma che se ne fa quella mamma di sei sacchi pieni di noci? ».
Tosse e caramellina.
Nota: un esperto filologo quasi-veneto precisa che "Patée in realtà si dovrebbe scrivere 'Patéle'. Non è una 'e' strascicata e raddoppiata, ma una 'ele' in cui non si
pronuncia la 'l'". Ma la nostra protagonista, la padroncina della gatta del Bengala, non sa ancora leggere e scrivere, quindi...
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