14 marzo 2014

Niente panico!

Tutto comincia in una piazza di una bella città italiana. Un teatro di strada dà spettacolo e ai due lati del piccolo anfiteatro in cemento spiccano i cartelli: “Capricci di Dei - Che succede oggi sull'Olimpo?”, segue l'elenco dei personaggi e dei relativi interpreti. Lo spettacolo è già iniziato.
Diana appoggia su un'incudine una strana scatola. Efesto la osserva, abbassa la fiamma della fornace, saluta Diana, che si allontana di corsa, e si mette ad armeggiare con lo strano aggeggio. Si chiude il sipario di lenzuola. Il pubblico regala un leggero applauso e qualche sbadiglio.
Il sipario si riapre su una scena diversa.
Apollo è sdraiato su un sontuoso divano, in penombra, e armeggia con la scatola vista nell'atto precedente, una strana console elettronica piena di lucine che emette suoni metallici. Giove si avvicina alle sue spalle e lo apostrofa.
GIOVE: Che io mi possa fulminare! Cosa stai facendo, mio adorato Apollo?
APOLLO: Scialla, Padre. Diana l'ha portato, Efesto l'ha modificato e io ci gioco.
GIOVE: Giochi? Ma è notte fonda.
APOLLO: Appunto. Tranquillo, all'alba farò il mio dovere.
Afrodite si presenta sulla scena danzando leggiadra, in camicia da notte. Quando scorge Apollo alle prese con il videogioco si butta al suo fianco e osserva il monitor.
AFRODITE: Yo, fratello! Ecco la fonte della musica. Fai vedere! Gioco anch'io.
Senza voltarsi Afrodite alza il braccio sinistro ingioiellato e agita le dita della mano.
AFRODITE (senza guardare Giove): Ciao, papino!
GIOVE (rauco): Ciao...
Giove si osserva attorno, fa un passo avanti, apre la bocca, fa un passo indietro, chiude la bocca, si volta, si rivolta e alza l'indice destro, apre la bocca e la richiude subito dopo. Poi si allontana muto mentre Apollo e Afrodite continuano a pigiare freneticamente sui tasti.
Tra il pubblico una donna si volta verso il marito e gli sussurra in un orecchio: “Carino, per carità, ai bambini piace. Ma quando finisce?”
L'uomo risponde: “Non dovrebbe mancare molto” e consulta l'orologio. Poi scuote il polso e avvicina il quadrante all'orecchio. “Forse si è scaricata la pila” si giustifica e si volta verso il signore seduto al suo fianco, tamburellandosi il polso sinistro con l'indice destro. Il vicino osserva il proprio orologio e replica ogni precedente movimento del suo interlocutore, fino alla richiesta di informazioni alla signora seduta dietro. Replay al femminile. Il ragazzo a sinistra della donna consulta il cellulare, lo scuote e si rivolge alla fidanzata al suo fianco. In poco tempo tutta la scalinata si accorge di non conoscere l'ora esatta.
Sotto gli sguardi perplessi degli attori, il pubblico si alza e sciama per i vicoli della città, alla ricerca di campanili e di orologi pubblici. Niente da fare. Tutti gli orologi segnano la stessa ora da decine di minuti, ormai.

Il ragazzo al tavolino chiude il libro e scuote la testa. Poi si rivolge all'amica.
« Che buffo. Questi qui sono andati in panico per una scemenza. Se penso che è così bello, invece, vivere senza orologi, non trovi? »
« Oh, sì. Luce e buio come unici organizzatori del tempo. Si sta davvero bene. »
« Però, a proposito, è meglio se adesso andiamo alla stazione, ci conviene partire con la luce. »
« D'accordo. Vado a pagare i caffè. »
La ragazza si alza, prende la borsa e si allontana frugandoci dentro. Il barista digita lo scontrino, fa scattare il cassettino del denaro e nel frattempo lei recupera il portafoglio. Quando lo apre le sfugge un gemito. E' vuoto.
« Lascia, faccio io. » Dice con un sogghigno l'amico, ma anche lui si scopre squattrinato.
Il cassiere alza gli occhi al cielo.
« Mi scusi... Non so come... Posso lasciarle un documento e domani passo a saldare? »
« Aspetta. Io prima sono passata al bancomat a prelevare. Com'è possibile? »
Il barista sbuffa e armeggia con la cassa.
« Oh, merda. » Sibila spalancando il cassetto dei soldi. Vuoto. Poi aggiunge, come in trance: « Un attimo fa ho dato il resto di 50 euro... merdamerdamerda. »
Gli altri avventori, perplessi, controllano i propri portafogli. Sono tutti vuoti. Scoppia il panico. Una rapina! Un furto multiplo! Chi è stato? Come ha fatto? Maledetto! Governo ladro! Che c'entra il governo? E adesso come pago le sigarette?
Barista e clienti corrono fuori dal locale e travolgono un'anziana signora di passaggio. Lei mantiene miracolosamente l'equilibro e fissa lo sguardo in quello del primo che le capita a tiro, prendendolo per un braccio e strillandogli in faccia: « Ero in panetteria, stavo pagando latte e grissini, avevo un biglietto da cinque euro nella mano, la commessa stava per prenderlo e darmi il resto... di colpo i soldi sono spariti... no, non caduti, proprio spariti! La mia banconota e le monetine del resto... »

« Se penso che andavano in panico per dei pezzi di carta o dei dischetti di metallo... » Commenta a voce alta la donna davanti all'immagine in bianco e nero esposta nella bacheca fuori da scuola. Era una vecchia foto di un negozio dove una commessa sorridente stava conversando con alcuni clienti mentre consegnava il resto a una vecchina un po' curva con una borsa di stoffa al braccio. Sopra e sotto l'immagine c'era scritto: “Come eravamo: il denaro. Mostra permanente. Ingresso libero il sabato mattina”.
« Me lo ricordo, quando si usavano i soldi! Che tempi! » Ridacchia un vecchio in attesa.
Al suono della campanella un fiume di bambini e bambine invade il marciapiede e la strada. La donna prende per mano i due figli gemelli, il vecchio si carica a spalle la cartella della nipotina. Nel disordine quotidiano del pomeriggio, ogni alunno raggiunge il proprio accompagnatore. Dopo alcuni secondi di richiami, strilli e inseguimenti, però, tutti si immobilizzano, tranne una donna e un ragazzo in bicicletta, seguiti da due piccoli ciclisti con cartella in groppa. La strada è vuota. Il parcheggio è deserto. Non ci sono le automobili. Nemmeno quelle che aspettano col motore acceso. Sono rimasti soltanto la bicicletta del preside, incatenata al lampione, e un triciclo abbandonato in attesa del suo piccolo proprietario.
La città è diventata ferma e silenziosa. Nessun autobus, nessun furgone, nemmeno il ronzio di un motorino scassato. I bambini e le bambine materializzano dalle cartelle corde, freesbee, lunghi elastici e palloni e si spargono in giro vociando, mentre aspettano che i grandi si riprendano dalla sorpresa.

AFRODITE: Ben fatto. Mi piace.
APOLLO (inspira sonoramente): Già. Senti che profumo nell'aria, adesso...
AFRODITE: Dai, è troppo presto per sentire il cambiamento! Ti stai autosuggestionando...
APOLLO: Auto-suggestione. Niente auto, bella suggestione. No?
AFRODITE: Eheheh!
APOLLO: E adesso?
AFRODITE: Vuoi fare altro?
APOLLO: Sì, dai, ancora una e poi spengo.
AFRODITE: Mmmm. Fammi pensare... A te piacciono tanto i giochi linguistici. Perché non eliminiamo le parole?
APOLLO: Sei un genio!
Apollo digita su alcuni tasti e parte la musichetta di attesa.
AFRODITE (gli strappa di mano la console): Faccio io!
La dea digita il tasto di esecuzione e all'istante

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