Tutto comincia in una piazza di una bella città italiana. Un teatro
di strada dà spettacolo e ai due lati del piccolo anfiteatro in
cemento spiccano i cartelli: “Capricci di Dei - Che succede oggi
sull'Olimpo?”, segue l'elenco dei personaggi e dei relativi
interpreti. Lo spettacolo è già iniziato.
Diana appoggia su un'incudine una strana scatola. Efesto la osserva,
abbassa la fiamma della fornace, saluta Diana, che si allontana di
corsa, e si mette ad armeggiare con lo strano aggeggio. Si chiude il
sipario di lenzuola. Il pubblico regala un leggero applauso e qualche
sbadiglio.
Il sipario si riapre su una scena diversa.
Apollo è sdraiato su un sontuoso divano, in penombra, e armeggia con
la scatola vista nell'atto precedente, una strana console
elettronica piena di lucine che emette suoni metallici. Giove si
avvicina alle sue spalle e lo apostrofa.
GIOVE: Che io mi possa fulminare! Cosa stai facendo, mio adorato
Apollo?
APOLLO: Scialla, Padre. Diana l'ha portato, Efesto l'ha modificato e
io ci gioco.
GIOVE: Giochi? Ma è notte fonda.
APOLLO: Appunto. Tranquillo, all'alba farò il mio dovere.
Afrodite si presenta sulla scena danzando leggiadra, in camicia da
notte. Quando scorge Apollo alle prese con il videogioco si butta al
suo fianco e osserva il monitor.
AFRODITE: Yo, fratello! Ecco la fonte della musica. Fai vedere! Gioco
anch'io.
Senza voltarsi Afrodite alza il braccio sinistro ingioiellato e agita
le dita della mano.
AFRODITE (senza guardare Giove): Ciao, papino!
GIOVE (rauco): Ciao...
Giove si osserva attorno, fa un passo avanti, apre la bocca, fa un
passo indietro, chiude la bocca, si volta, si rivolta e alza l'indice
destro, apre la bocca e la richiude subito dopo. Poi si allontana
muto mentre Apollo e Afrodite continuano a pigiare freneticamente sui
tasti.
Tra il pubblico una donna si volta verso il marito e gli sussurra in
un orecchio: “Carino, per carità, ai bambini piace. Ma quando
finisce?”
L'uomo risponde: “Non dovrebbe mancare molto” e consulta
l'orologio. Poi scuote il polso e avvicina il quadrante
all'orecchio. “Forse si è scaricata la pila” si giustifica e si
volta verso il signore seduto al suo fianco, tamburellandosi il polso
sinistro con l'indice destro. Il vicino osserva il proprio orologio e
replica ogni precedente movimento del suo interlocutore, fino alla
richiesta di informazioni alla signora seduta dietro. Replay al
femminile. Il ragazzo a sinistra della donna consulta il cellulare,
lo scuote e si rivolge alla fidanzata al suo fianco. In poco tempo
tutta la scalinata si accorge di non conoscere l'ora esatta.
Sotto gli sguardi perplessi degli attori, il pubblico si alza e
sciama per i vicoli della città, alla ricerca di campanili e di
orologi pubblici. Niente da fare. Tutti gli orologi segnano la stessa
ora da decine di minuti, ormai.
Il ragazzo al tavolino chiude il
libro e scuote la testa. Poi si rivolge all'amica.
« Che buffo. Questi qui
sono andati in panico per una scemenza. Se penso che è così bello,
invece, vivere senza orologi, non trovi? »
« Oh, sì. Luce
e buio come unici
organizzatori del tempo.
Si sta davvero bene. »
« Però, a proposito, è
meglio se adesso
andiamo
alla stazione, ci conviene
partire con la luce. »
« D'accordo. Vado a pagare i
caffè. »
La ragazza si alza, prende la
borsa e si allontana
frugandoci dentro. Il barista digita lo scontrino, fa scattare il
cassettino del denaro e nel frattempo lei recupera il portafoglio.
Quando lo apre le sfugge un gemito. E' vuoto.
« Lascia, faccio io. » Dice con
un sogghigno l'amico, ma anche lui si scopre squattrinato.
Il cassiere alza gli occhi al
cielo.
« Mi scusi... Non so come...
Posso lasciarle un documento e domani passo a saldare? »
« Aspetta. Io prima sono passata
al bancomat a prelevare. Com'è possibile? »
Il barista sbuffa e armeggia con
la cassa.
« Oh,
merda. » Sibila
spalancando il cassetto
dei soldi. Vuoto.
Poi aggiunge, come in trance: «
Un attimo fa ho dato il
resto di 50 euro... merdamerdamerda. »
Gli altri avventori, perplessi,
controllano i propri portafogli. Sono tutti vuoti. Scoppia
il panico. Una rapina! Un furto multiplo! Chi è stato? Come ha
fatto? Maledetto! Governo ladro! Che c'entra il governo? E
adesso come pago le sigarette?
Barista e clienti corrono fuori
dal locale e travolgono un'anziana signora di passaggio. Lei mantiene
miracolosamente l'equilibro e fissa lo sguardo in quello del primo
che le capita a tiro, prendendolo per un braccio e strillandogli in
faccia: « Ero
in panetteria, stavo pagando latte e grissini, avevo un biglietto da
cinque euro nella mano, la commessa stava per prenderlo e darmi il
resto... di colpo i soldi sono spariti... no, non caduti, proprio
spariti! La mia banconota e le monetine del resto... »
« Se
penso che andavano in panico per dei pezzi di carta o dei dischetti
di metallo...
» Commenta
a voce alta
la donna davanti all'immagine in bianco e nero esposta nella bacheca
fuori da scuola. Era una vecchia foto di un negozio dove una commessa
sorridente stava conversando con alcuni clienti mentre consegnava il
resto a una vecchina un po' curva con
una borsa di stoffa al braccio.
Sopra e sotto
l'immagine c'era scritto: “Come
eravamo: il denaro.
Mostra permanente. Ingresso libero il sabato mattina”.
« Me
lo ricordo, quando si usavano i soldi!
Che tempi!
» Ridacchia un vecchio in
attesa.
Al suono della campanella un
fiume di bambini e bambine
invade il marciapiede e la strada. La
donna prende per mano i due figli gemelli, il vecchio si carica a
spalle la cartella della nipotina. Nel
disordine quotidiano del pomeriggio, ogni alunno raggiunge il proprio
accompagnatore. Dopo
alcuni secondi di
richiami, strilli e inseguimenti,
però, tutti si immobilizzano, tranne una donna e un ragazzo in
bicicletta, seguiti da due piccoli ciclisti con cartella in groppa.
La strada è vuota. Il
parcheggio è deserto. Non
ci sono le
automobili.
Nemmeno quelle che
aspettano col motore acceso.
Sono rimasti soltanto
la
bicicletta del preside,
incatenata al lampione, e
un triciclo abbandonato
in attesa del suo piccolo
proprietario.
La città è diventata ferma e
silenziosa. Nessun autobus, nessun furgone, nemmeno il ronzio di un
motorino scassato. I bambini e le bambine materializzano dalle
cartelle corde, freesbee, lunghi elastici e palloni e si spargono in
giro vociando, mentre aspettano che i grandi si riprendano dalla
sorpresa.
AFRODITE:
Ben fatto. Mi piace.
APOLLO (inspira
sonoramente):
Già. Senti che profumo
nell'aria,
adesso...
AFRODITE:
Dai, è troppo presto per
sentire il cambiamento! Ti
stai autosuggestionando...
APOLLO:
Auto-suggestione. Niente
auto,
bella suggestione.
No?
AFRODITE:
Eheheh!
APOLLO:
E adesso?
AFRODITE:
Vuoi fare altro?
APOLLO:
Sì, dai, ancora una e
poi spengo.
AFRODITE:
Mmmm. Fammi pensare... A
te piacciono tanto i giochi linguistici.
Perché
non eliminiamo
le parole?
APOLLO:
Sei un genio!
Apollo digita su alcuni tasti e
parte
la musichetta di attesa.
AFRODITE
(gli
strappa di mano la console):
Faccio io!
La dea
digita il tasto di esecuzione e
all'istante
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