20 luglio 2012

Le bolle di Raja

L'aria è leggera, il sapone di più,
un lieve soffio e la bolla va su.
Quando le faccio do un nome a ciascuna
che l'accompagni fino alla luna.
Ad ogni bolla, poi, affido un messaggio:
Plop dice: “Ciao”, Poffa: “Coraggio!”.
Le mando a Sarah, che sta di là,
non l'ho mai vista, ma capiterà.
Lei, come me, sa far la magia,
col sapone che vola mi fa compagnia.
Piffy racconta i suoi sogni più belli,
Flippa mi descrive occhi e capelli,
Iattiti dà a Sarah un mio bacio sul naso,
la carezza di Boll sul mio viso non è un caso.
Intorno odore di ulivi, di terra, di fuoco,
nel cuore la voglia di fare un bel gioco.
 

L'aria è leggera, il sapone di più,
un lieve soffio e la bolla va su.
 

“Raja, è il gran giorno!” sussurra Blobbetta
Io so che vuol dire che Sarah mi aspetta.
La magia più grande è la più bella:
oggi, fino a sera, diventerò una bolla.
L'aria è leggera, io lo sono di più,
ormai la mia casa è un puntino, laggiù.
Lei è già lì, vestita di schiuma,
mi attende volando come una piuma.
“Che bella sei, Raja!”... “Sarah, anche tu!”.
Ci diamo la mano e voliamo più su.
Le bolle volteggiano in allegria,
noi bimbe-sapone ci facciam compagnia.
Vista dal cielo la terra non ha barriere
qui possiamo essere amiche sincere.
 

L'aria è leggera, il sapone di più,
un lieve soffio e la bolla va su.

La notte ovunque è uguale, si appoggia su tutto,
accarezza le bambine, ciascuna nel proprio letto.
I loro sogni stanotte sono leggeri e puliti,
l'acqua e il sapone non sono ancora finiti.

E' alto dieci metri il muro che le separa,
ma non riesce a dividere Raja e Sarah.

L'aria è leggera, il sapone di più,
un lieve soffio e la bolla va su
.

... Con la Palestina nel cuore

14 luglio 2012

Caramelle e cioccolata


Mio nonno, che in realtà è il nonno di mamma (a me il termine bisnonno non piace, sembra un biscotto molliccio), è vecchio vecchio, pieno di rughe, con la pelle così aderente e sottile che credo lo abbiano usato come modello per quei poster sui muri dei dottori, con il contorno dell'omino nudo e lo scheletro o le vene o gli organi interni ben evidenti e colorati. Di mio nonno si vedono solo le vene, per fortuna! Avranno usato altri bisnonni per gli altri disegni.
In testa ha ancora un bel cespuglio di erbetta fine fine e bianca bianca, che mi diverto a scompigliare ogni volta che passo dietro la sua sedia a rotelle. Lui mi sgrida per finta e poi ride.
Quando non dorme racconta. Parla e un po' tossisce, allora gli porto una caramellina di zucchero, di quelle piatte colorate. Lui mi fa l'occhiolino mentre comincia a succhiarla e la tosse passa all'istante. Secondo me lo fa apposta a tossire, è un golosaccio e basta. Ma non ha più denti, quindi non ha il guaio delle carie e può permettersi il vizio.
Dicevo che racconta. Racconta della guerra, perché ha 98 anni e si ricorda ancora di quando era soldato nella seconda guerra mondiale. Racconta di quando ha conosciuto mia nonna, pardon, bisnonna, che aveva tre anni, mentre lui, amico di un fratello di lei, undici. Racconta di quando sono nati i suoi nipoti, mamma in pole position. Ma se gli chiedo di quando sono nata io, non riesce a dire nulla. Si vede che a un certo punto le parole finiscono. Però sorride e mi accarezza col suo profumo di zucchero.
Tosse. Caramellina.
« Mi racconti una storia? », gli domando sempre alla fine dei ricordi.
Se ne rammenta una soltanto, anche se mamma mi ha detto che quando era piccola gliene raccontava tante. Però mi è andata bene perché è proprio graziosa: Patin e Patee che andava a nosee.
La prima volta non ho mica capito il titolo. Lui parla con accento veneto, e quindi non è facile arrivarci, per chi conosce solo l'italiano. Comunque vuol dire che questi due, Patin e Paté (lui, però, dice due “e” alla fine del nome), andavano a raccogliere noci.
Insomma, la mamma chiede loro di andare a raccogliere noci e i due fratelli prendono sacchi e carretto e vanno nel bosco. Patin comincia subito: prende le noci e le mette nel sacco, prende le noci e le mette nel sacco (il nonno lo dice almeno dodici volte di fila), mentre Patee si guarda intorno, si arrampica sugli alberi, si appisola, gioca con pigne e scoiattoli. Ogni tanto raccoglie qualche noce. Più spesso se le mangia. Quando è ora di rincasare Patin ha riempito cinque sacchi e Patee uno soltanto. Tirano il carretto fino a casa e la mamma chiede: “Patin, quanti sacchi hai riempito?”, “Cinque!”, “Bravo! Eccoti cinque cioccolate” (dice così, il nonno. Non cioccolatini, proprio cioccolate, e io immagino cinque tavolette Wonka). Poi: “Patee, quanti sacchi hai riempito?”, “Uno...”, “E allora ecco una cioccolata”.
Fine della storia.
Tosse. Caramellina.
Mio fratello Giuliano dice che è una storia educativa: se lavori tanto guadagni tanto. Patin ha ascoltato la mamma e ha conquistato cinque cioccolatini.
« Cioccolate, dice nonno, non cioccolatini », preciso io.
« E che importa? Sono sempre più di una », incalza lui.
« Già, ma vuoi mettere? ».
« ...? », adoro lasciare mio fratello senza parole.
« E poi, se le mangi tutte in una volta sai che nausea! Te lo ricordi con la torta del compleanno? ».
« Non capisci niente », sbotta mio fratello davanti alla verità.
« Lo scemo sei tu. Pensa a quanto si è divertito Patee, mentre l'altro raccattava noci senza sosta! ».
« Ma la storia vuole dire... », insiste Giuliano.
« Un corno! La storia dice che Patin si è ammazzato di fatica e passerà la notte col mal di pancia, mentre Patee si è divertito un sacco e si gusta una tavoletta triplogusto Wonka... Gnam! ».
Bacio il nonno, che mi guarda un po' confuso. Forse abbiamo parlato troppo in fretta e ha perso il filo del discorso.
La mamma, dalla cucina, ci chiama per la merenda. Ho giusto voglia di pane e...
Con i baffi di cioccolato mi sono affacciata alla porta.
« Mgnogno! », ho chiamato masticando.
« Sì? » ha sussurrato sull'orlo del sonno..
« Ma che se ne fa quella mamma di sei sacchi pieni di noci? ».
Tosse e caramellina.

Nota: un esperto filologo quasi-veneto precisa che "Patée in realtà si dovrebbe scrivere 'Patéle'. Non è una 'e' strascicata e raddoppiata, ma una 'ele' in cui non si pronuncia la 'l'". Ma la nostra protagonista, la padroncina della gatta del Bengala, non sa ancora leggere e scrivere, quindi...